«Sono così solitarie le "passeggiate", c'è soltanto lo spazio, ma lo spazio Sordini, ha voluto che restasse nudo e assopito come lo spazio dei mistici» (3)


Nel 1962 con Agostino Ferrari, Ugo La Pietra, Arturo Vermi ed Angelo Verga, forma il Gruppo del Cenobio. Li unisce il comune interesse per una pittura dove il segno è come raffreddato, ridotto all'essenziale.
Il gruppo esporrà nella Galleria il Cenobio a Milano una serie di mostre personali e collettive, presentate dal poeta Alberto Lùcia, teorico del gruppo;

l’anno successivo alla Saletta del Fiorino a Firenze e alla Galleria L’Indice di Milano;






nel 1964 alla Galleria Cavallino di Venezia, alla Galleria Dell'Aquilone a Firenze, ed in seguito in numerose altre occasioni sino alla mostra allestita nel 1981 al AAB, Museo Laboratorio di Arti Visive di Brescia, a cura di Bruno Passamani, quando già da tempo il gruppo si era sciolto.
Nel 1989 Angela Vettese riunirà di nuovo il gruppo del Cenobio nella mostra «Milano et Mitologia» (titolo ripreso da un quadro di Manzoni su suggerimento di Sordini), una mostra sugli anni cruciali della ricerca artistica milanese tra il 1958 e il 1964, organizzata dal Centro Bellora di Milano.


Una occasione che la Vettese ripeterà con la mostra «Percorso, ricerca e ipotesi 1959-1994: il Gruppo del Cenobio» del dicembre 1995 a Palazzo Martinengo di Brescia e nel maggio 1995 alla Galleria Peccolo di Livorno e alla Galleria Artestudio di Milano.


Nel 2013, a pochi mesi dalla morte di Sordini, si inaugura una grande mostra dedicata agli artisti del gruppo del Cenobio allestita nella Galleria Gruppo Credito Valtellinese a Milano, «Nel segno del segno, dopo l'informale» a cura di Luciano Caramel.



Nello stesso anno le opere degli artisti del Cenobio sono presenti alle Gallerie d'Italia di Milano nella mostra «1963 e dintorninuovi segni, nuove forme, nuove immagini».


La critica che, con notevole ritardo, si è interessata al Cenobio, ha riconosciuto l'interesse del tentativo del gruppo di individuare una «terza via» di ricerca, opponendosi sia alle tendenze nichiliste e ipercritiche nei confronti della pittura che all'incipiente invasione della cultura artistica americana che con il successo della Pop Art segna la fine del microclima milanese legato alle avanguardie europee.




Nel 1966 partecipa alla Biennale di Venezia dove espone opere di preminente carattere grafico e monocromo.
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